A 30 anni si attraversa una fase della vita in cui non si è più troppo giovani, ma non si è neanche troppo grandi per percepire determinate cose, primo fra tutti il senso di appartenenza ad un posto. Si crede ancora di essere “cittadini del mondo” senza una preferenza, ma si comincia già a cercare una casa, a progettare dove potremmo vivere. E’ un momento molto delicato della propria vita dove i sogni e i desideri possono avverarsi oppure essere messi da parte. La fortuna vuole che, nella maggioranza dei casi, a 30 anni nei sogni ci crediamo ancora profondamente.
Io sono una sognatrice piuttosto che una persona piena di sogni, non so se mi spiego. Se mi viene chiesto quali sogni ho o dove mi vedo tra 10 anni non so proprio rispondere ed ho un vero black out mentale; poi però la mia mente prende spunto da una qualunque cosa per fantasticare e sognarci sopra un futuro. Eliminando il lato infantile della mia personalità che sicuramente c’è ed occupa un notevole spazio, quello su cui mi voglio concentrare è: “ Quando perderò la mia leggerezza?”. Non fraintendete la parola leggerezza con la parola superficiale: la leggerezza alla quale io mi riferisco è la leggerezza d’animo, è il non prendersi e prendere mai troppo sul serio, è la leggerezza della mia coscienza pulita, dei miei pensieri che sanno volare lontano. La perderò quando accetterò definitivamente di diventare adulta? Ho 30 anni e 3 mesi, ma ancora non mi sento adulta. Per accettarmi come adulta devo prima capire cosa questo implichi. Ho tanti difetti e tante insicurezze, tanto egoismo e tante paure, ma non ho ancora perso la stupore, la meraviglia, l’entusiasmo e la voglia di fare, invidio i bambini, vorrei ancora saper vedere in una forchetta un aeroplano, guardare i film 1000 e 1000 volte e trovarci sempre un dettaglio in più, mi mancano i cartoni animati della mia crescita, ad oggi ancora mi emoziono alla frase di Mulan: “Il fiore che sboccia nelle avversità è il più bello ed il più raro di tutti” e ci credo profondamente, nonostante a pronunciarla sia un cartone animato. Vorrei poter tornare a porre tutte le domande che mi passano per la testa senza pretendere una verità assoluta, ma solo una risposta sincera. Vorrei tornare a credere a Babbo Natale ed ancora un po’ ci credo, per questo vivo l’attesa del 25 Dicembre in modo quasi febbrile e vorrei non fosse il lavoro il motivo per cui ogni anno perdo sempre un po’ di questa emozione. Vorrei stare all’aria aperta tutto il giorno e non sentire freddo o caldo, ma solo il senso di libertà assoluta che i bambini vivono nelle loro quotidiane sfide verso l’indipendenza. Allo stesso modo amo la (piccola) indipendenza economica che la mia età (il lavoro per la precisione) mi ha portato ad avere, il fatto di poter partire senza chiedere il permesso (se non al datore di lavoro, ahimé), di poter fare e mangiare quello che la mia testa e la mia pancia mi suggeriscono, di iniziare ad avere interesse per argomenti che non mi avevano mai toccato (come l’arredamento o la situazione della mia città) senza però abbandonare le vecchie passioni (compresi i cartoni animati della mia infanzia).
La difficoltà sta nel mantenere una certa coerenza con noi stessi, con il nostro lato bambino, a non cedere il posto alle abitudini ed alle comodità (guarda caso i peggiori nemici dei bambini sono la noia e la ripetitività) e nel tenere sempre presente che nel diventare adulto non troveremo un punto di arrivo, si può crescere e continuare a scoprirsi adulti ogni giorno, ogni anno, fino alla fine o decidere che ad un certo punto si è adulti abbastanza e diventare improvvisamente vecchi. Bene, io spero di non fermarmi mai, mi piace il mio eterno movimento e se proprio devo dire dove mi vedo tra dieci anni l’unica risposta che so dare è: NON LO SO E NON LO VOGLIO NEANCHE SAPERE, MA LO VOGLIO SCOPRIRE GIORNO DOPO GIORNO.
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