Sorniona, languida, pastosa, volubile, capricciosa, egocentrica, suscettibile e permalosa, strategica e viziata, calcolatrice e affascinante. A tutti sarà capitato di incontrarla almeno una volta e rimanerne colpiti. Come si fa ad ignorarla? Come si può evitare di farsi domande riguardo a quel suo modo di essere così tipico, talmente inconfondibile, assolutamente unico e, a questo punto, invidiabile? Perché lei ha il vero potere, contrariamente a quanto si potrebbe supporre ad uno sguardo esterno. Lei sa, ha dei piani ben precisi, lei può e, soprattutto, lei riesce ad ottenere ciò che desidera. Senza fatica per di più. Di chi sto parlando? Ma è chiaro: della gatta morta. Se ne incontrano esemplari un po’ ovunque perché lei non ha bisogno di precise condizioni per attuare il suo modo di essere. La gatta morta se ne va in giro per il mondo, passeggia pigramente nella sua stessa esistenza, non assume mai una posizione ben precisa rispetto alle questioni che le si pongono davanti, piuttosto cerca il modo più semplice per aggirare l’ostacolo ed arrivare alla meta evitando un inutile dispendio di energie. Voce flebile, carattere appena accennato, sempre stanca, approssimativa, con uno sguardo così vacuo che se la si guarda negli occhi ci si scopre ad osservare la parete che è dietro di lei. Si trastulla in chiacchiere fatte di inutilità, non è propositiva, ma punta i suoi piedini quando qualcuno non vuole fare quello che lei ha lasciato intuire. Non ride sguaiatamente, al massimo si degna di piegare le sue labbra in una specie di smorfia di sufficienza quando una battuta riesce solleticare il muro di pigrizia che avvolge il suo cervello. Non corre, non suda, non si affatica, non apre le bottiglie, non aggiunge l’acqua nel tergicristalli, non fa la spesa pesante, non prende mai la sua auto ma si fa sempre passare a prendere, va in palestra più per fare presenza che per dedicarsi alla cura del suo corpo, non parla ad alta voce (se parla), non fa discorsi ma butta frasi qua e là. Mai gelosa ma fa ingelosire, indipendente purché il suo uomo faccia tutto quello che lei vuole. Inespressiva, sempre adeguata ad ogni circostanza, non discute perché non ne ha bisogno, inarrivabile, impenetrabile, apparentemente misteriosa, probabilmente vuota come un barattolo di aria di mare. Non deve coltivare la sua intelligenza perché non le è richiesto, non deve essere simpatica perché la cosa richiederebbe un certo sforzo. Tra le sue letture preferite si annovera Siddharta (e niente altro). Eppure lei ha successo. Lei ce la fa. Lei è quella scelta dagli uomini, venerata, protetta, compresa, amata, idolatrata.
Poi ci sono quelle dall’altra parte della barricata: le donne “normali”, quelle che si rimboccano le maniche, che si caricano le casse d’acqua anche se abitano al terzo piano senza ascensore, che si lavano la macchina da sole, che vanno in palestra per sudare e si riducono ad un agglomerato appiccicoso di abiti e capelli, quelle a cui cola il trucco, quelle che hanno amici uomini e ridono apertamente ad una battuta se è davvero divertente, che riescono ad usare tutti i muscoli facciali per generare espressioni corrispondenti al loro reale stato d’animo. Quelle che corrono dalla mattina alla sera, che non chiedono aiuto perché non possono perdere tempo per aspettare che arrivi (e tanto non arriva quasi mai), che escono con le amiche e sono contente se il loro compagno/marito/fidanzato fa lo stesso, che nelle sere d’inverno si mettono in modalità antisesso per non soccombere al freddo, che non si fanno accompagnare a casa perché sanno guidare, che sono capaci di ascoltare, che interagiscono con il mondo che le circonda, che sanno sognare, in silenzio, quando nessuno le può vedere. Quelle che non hanno avuto modo di andare dall’estetista e si fanno i peli con il rasoio, che in amore non hanno strategie perché non ne sono capaci, che si vedono sempre brutte, che si imbarazzano quando ricevono un complimento, che leggono libri più lunghi di cinquanta pagine, che sanno chi sono Jane Austen, Virginia Woolf, Ennio Morricone, Frank Capra, Debussy, Van Gogh, Alda Merini e Malcom X. Quelle che si innamorano perdutamente e sistematicamente dell’uomo sbagliato che le farà soffrire perché o diventerà il loro migliore amico o le abbandonerà in cerca di qualcuna che saprà fargli provare qualcosa di più forte. E quella qualcuna probabilmente sarà lei, lei, lei, sempre lei. Lui si dannerà per lei, la corteggerà come non ha mai fatto per nessun altra e la gatta morta non gli darà niente più se non la tridimensionale illusione di essere il maschio dominante, lui il cacciatore, lei la preda. Lui rinuncerà spontaneamente al calcetto con gli amici, alla birra del mercoledì sera, si convincerà che andare a vedere tutti i mercatini di Natale possibili e immaginabili sia la soddisfazione più grande, saprà che tonalità di rossetto sarà in voga il prossimo inverno, smetterà di ascoltare la musica che più gli piace per guardare i programmi contenitore alla Tv: tutto pur di renderla felice e non farle venire il broncio. Certo, se lui avrà un problema ci sarà sempre l’altra, la sua amica, la donna “normale” con cui confidarsi, con cui sfogarsi e da cui, ne è sicuro, riceverà l’aiuto di cui ha bisogno e con cui farsi due sane risate.
Tu vinci gatta morta, questo devo riconoscertelo. Tu sai muoverti nel mondo. Ti prefiggi un obiettivo e sai come raggiungerlo. Tu sei poco ma in quel poco hai tutto quello che serve. Ti ammiro? No, in verità, non posso dire di ammirarti, piuttosto mi infastidisci. Forse un pochino ti invidio, ma giusto un pochino, perché so che come te non sarò mai, tu ci sei nata così, sei stata naturalmente generata in questo modo, mentre io sono un’altra cosa. Qualche tempo fa ho chiesto all’uomo che frequentavo se mi avrebbe preferito in calza autoreggente o in calzettoni e lui (già sapendo che sono tipa da calzettoni) mi ha risposto “A me piace la donna schietta” e io mi sono detta “Ecco finalmente uno che se ne frega se non metto mai i tacchi, che sa che lo ascolto volentieri quando mi parla di calcio, uno a cui non pesa sapere chi sono veramente. Uno che mi sa guardare dentro e non ha paura di quello che sono”… be’, mi sbagliavo. Quell’uomo se n’è andato e forse ti sta cercando. Probabilmente ti troverà e tu saprai dargli ciò di cui ha bisogno, i contorni sfumati e appena accennati del tuo essere.
Allora mi sono chiesta quale prezzo abbia essere una donna schietta, se non sarebbe meglio rinunciarci per diventare un po’ come te e, magari, avere le cose più facili.
Ci ho pensato un po’ su e poi ho capito. Io non potrò mai rinunciare a tutto quello che sono, alla mia goffaggine, alla mia auto-ironia, alla voglia di ridere fino a star male, ai sogni irrealizzabili, alle cadute dal tapis-roulant, alle battute goliardiche dei miei amici maschi, al rimmel colato e all’effetto panda che ne scaturisce, ai miei calzettoni zerofascino, ai capelli arruffati, alle arrabbiature, ai pugni sul tavolo, alle lacrime corrosive, agli amori impossibili, al grasso sulle mani, alle ore in macchina ascoltando musica grunge, agli stivali da uomo che mi fanno sentire stabile, alle facce buffe che mi trasformano il viso, alle mie idee, ai miei princîpi e ai miei principi. Perché, vedi, tu sei un po’ come il rosa pallido, elegante, etereo, di classe, che sta bene con tutto ma che, fondamentalmente, non è altro che un colore annacquato. Mentre io sono il rosso, il blu e il giallo: impetuosa, immediata, diretta, forse un pochino scomoda, sicuramente non sto bene con tutto, a volte posso essere accecante. Ma posso mescolarmi e diventare mille sfumature.
E scelgo. Scelgo di essere quello che sono: una donna schietta.
A.
0 pensieri su “GATTA MORTA O DONNA SCHIETTA?”
punti di vista….credo siano modi di essere più che altro…io sono una gatta morta, e ho notato che, come dici tu,è tutto molto più facile, inoltre,essendo una bella ragazza, capisci bene che risultato posso avere. credo pure che l’atteggiamento da gatta morta debba essere spontaneo,mai costruito e , come dici tu, ci nasci
Confesso che da una parte desidererei avere un atteggiamento più come il tuo, ma proprio mi è impossibile abbassarmi a sbavare dietro ad un uomo,al massimo faccio l’atteggiamento di viziarlo, coccolarlo, fargliela credere, cosicche si attacca a me. un saluto
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Cara Stefania, grazie per il tuo commento, scusami se rispondo solo ora, ma siamo state un po’ oberate in questa fine estate. Le tue parole mi hanno confermato ancora di più quanto sia bello essere spontaneamente se stessi, anche se ti confesso che non ho proprio idea dove tu abbia letto che io mi abbasso a sbavare dietro ad un uomo: se poi nell’amore tu ci leggi una perdita di dignità, questo è un tuo punto di vista e un tuo modo di vivere i rapporti, non te lo invidio ma non mi sento di giudicarlo. Non rinnego nulla di quello che ho fatto in passato perché mi ha permesso di arrivare a comprendere molte cose, soprattutto di me stessa. Immagino che tu sia molto giovane, sono sicura che il tuo modo di essere – gatta morta o meno – ti porterà dove devi arrivare. Un saluto
Arianna
brava! Ma come fa un uomo a preferire una gatta morta a te? Purchè davvero l’entusiasmo che dichiari in quel che credi sia vero e che tu abbia il coraggio di essere quel che sei; una dote, oggi, molto rara. Un bacio e un grande abbraccio. Ciao
Grazie mille! Che dire? E’ successo molto spesso che un uomo preferisse una gatta morta ad una donna come me…ma nonostante questo non sono cambiata, anzi.
Ti ringrazio molto per il commento, spero che tornerai a girovagare nel nostro blog. Un grande abbraccio anche a te!
aaaah quanto ti capisco…un abbraccio da donna schietta a donna schietta :))
Un abbraccio a te!!! E’ bello NON sentirsi “schiettamente” sole! 🙂
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