Caro Mr. D,
mi trovo qui con domande cosmiche a cui non mi riesce dare una risposta, e allora mi sono detta: perché non rivolgere questi dilemmi esistenziali proprio a chi ne è, probabilmente, l’artefice?
Perché tu devi capire, Mr. D, che noi, quaggiù, abbiamo proprio un bel caos. Le cose, un po’ da sempre, non vanno esattamente come vorremmo, anzi, oserei supporre che tutto si muove in un senso contrario a quanto noi immaginiamo e, soprattutto, a come speriamo. Tu sai spiegarmi com’è che funziona? Voglio dire, spesso ognuno di noi ripone speranze e aspettative in una determinata cosa e ci fa degli investimenti a livello emotivo nonché pratico, tanto che ci logoriamo in notti insonni, mentre cerchiamo di capire quale sia la cosa giusta da fare per realizzare il nostro sogno. E poi, dopo tribolazioni di ogni tipo, tutto va all’aria, anzi, non va proprio.
Altre volte, invece, più cerchiamo di non pensare ad una cosa che ci fa star male, più proviamo ad evitarla, e più gli eventi si muovono per farci sbattere la testa contro di essa, perché è così che deve andare, una cosa brutta per arrivare a una bella (oppure ti ricordo la famosa porta che si chiude e il portone che si apre, ma di questo ne riparleremo). Per non parlare di quando vorremmo tanto che accadesse qualcosa e invece proprio non c’è verso che la cosa capiti, ma quando smettiamo di pensarci, quando deponiamo le armi, rinunciamo, accantoniamo il sogno, quando ci convinciamo che ormai non c’è più niente da fare e riprendiamo la vita di prima un po’ più grigi e tristi, ecco che arriva quello che tanto volevamo. Le cose non è che sono tanto chiare. Come è che si deve fare? Non si deve proprio sperare? Ma allora è tutto il contrario di quello che abbiamo sempre creduto: cresciamo con la convinzione che la speranza sia il motore del mondo, veniamo forgiati sul presupposto che la speranza è l’ultima a morire, ma se speriamo le cose non accadono, invece se ci rinunciamo sembra che poi tutto sopravvenga. Comprenderai certo che la cosa non quadra molto.
Ma poi, mi chiedevo, ci sei tu per tutti noi o siete in tanti e vi chiamate più o meno nella stessa maniera? Perché se sei da solo, capisco che tu possa avere un sovraccarico di lavoro e qualche volta magari quei segni che dovresti mandare a uno, per sbaglio finiscono nella vita di qualcun altro e allora ecco che la frittata è fatta. Forse le tue segretarie, le Coincidenze, ogni tanto potrebbero mettere un po’ di ordine nell’archivio, così, tanto per capire a chi deve andare cosa ed evitare che uno creda che i segni che arrivano siano inequivocabili e fa scelte sulla base di questi, sbagliando tutto e ancor di più. Comprendo che anche le Coincidenze siano oberate, in tempi di crisi come questi forse anche tu hai dovuto fare una riduzione del personale, o forse le hai messe part-time e le poverine si ritrovano con una mole di lavoro tale da non potersi certo preoccupare di quelle inevitabili casualità che poi si trasformano in sentieri da percorrere per arrivare a sbattere – come nel mio caso – contro un muro di cemento armato. Magari se mettete qualche segnale di pericolo sul percorso uno ci va anche un po’ preparato e si evitano inutili “spiaccicamenti” emotivi.
Mr. D, sia chiaro, io non ce l’ho con te, ma ultimamente proprio non ti capisco e alla fine un confronto tra esseri civili mi sembra doveroso.
Si dice che tu abbia un bizzarro senso dell’umorismo e te lo concedo anche, ma la vita, lo sai bene, non è mica una barzelletta e poi, anche fosse, se a ridere sei solo tu, mi spieghi la cosa che soddisfazione ti dà? Se ci facessimo una risata insieme credo che ne troveresti giovamento anche tu. Lo so, lo so, noi umani siamo una specie ancora in via di evoluzione (o di involuzione?): se le cose le otteniamo troppo facilmente finiamo con l’abituarci, diventiamo pigri, piagnucoloni, sempre insoddisfatti… di questo te ne do atto. Però, ogni tanto, non potresti rendere le cose leggermente più facili? O almeno lineari. Oppure manda un vocabolario, un sito da cui si possano scaricare le istruzioni, una specie di Stele di Rosetta, qualcosa per decifrarti insomma, altrimenti rischi che ti vengano addossate le responsabilità di tutto, perché noi una spiegazioni a tutta questa sfiga ce la dobbiamo pure dare e finiamo con il consolarci – amaramente – dicendoci “ Si vede che non era destino”: ti chiamiamo in ballo, capisci? Ma tu te la senti di assumerti tutte queste responsabilità?
E poi ci ritroviamo così, come stasera, a discutere. Ma tu, Mr. D, sei uno di quelli che rimane zitto e la cosa mi fa innervosire. Te l’ho detto tante volte, io ci provo ad andare oltre, ma se continui a mandarmi segnali di una chiarezza lampante, mi spieghi come faccio ad ignorarli? Uno alla fine si arrende all’evidenza… e io mi sono arresa, ma, per favore, potresti evitare di indirizzarmi un’altra volta verso il solito muro fatto del solito cemento armato? Tanto lo sai che non lo sfondo nonostante le testate. Mettimi una scala accanto se devo scavalcarlo, va bene anche uno sgabello… una sedia… qualche mattone al limite.
Abbi pazienza. Nonostante le nostre contraddizioni e le brutte cose che molti di noi fanno ogni giorno, siamo esseri fragili. E’ che la cattiveria fa più notizia della bontà e della generosità. Così perdiamo fiducia e speranza e se perdiamo quelle, mi dici che senso ha?
Facci capire qualcosa, per favore. Facci ridere alle tue battute, ma non risate sarcastiche, abbiamo bisogno di risate di cuore.
Se vuoi rispondermi io sono qua, magari non prendermi a mazzate per farmi capire la tua versione, direi che di legnate ne ho già avute abbastanza. Io sono una che rende di più con le buone che con le cattive maniere.
Stammi bene.
Arianna
Devi accedere per postare un commento.